Storia

ALCUNE NOTE STORICHE RELATIVE A POSSESSIONI ED APPEZZAMENTI DI TERRENO NON SOGGETTI ALLA DECIMA ABBAZIALE

Casa in zona Cardinala, nei pressi della Trombona

Per dare unitarietà e completezza alla descrizione dei luoghi che attorniano l’attuale centro urbano, guardiamo in quest’ultimo paragrafo quella zona che, a ponente del paese, non era e non è soggetta alla decima abbaziale, anch’essa ricca di storia. Si tratta della fascia di terra che comprende parte dell’Ariosta, l’Ariostina, la Trombona, la Cardinala, il Pandasio, la Galvana (anche se già in territorio berrese), il Ponte Albersano.

Questa parte di territorio serravallese ebbe vicende estremamente particolari, facilmente mutevoli e notevolmente intricate. Sarebbe troppo lungo enumerarle tutte, per cui si ritiene opportuno darne una esposizione essenziale.

Nella prima metà del 1800 gran parte di questo terreno era di proprietà della famiglia Rinaldi, acquirente dei beni della soppressa abbazia di Gavello. Sulle case e sugli immobili in genere posti sul terreno della famiglia fu dipinta la marca «D.D.Rin.» che stava ad indicare il «Diretto Dominio Rinaldi».

Fra gli investiti nel livello di quei terreni figurano: le famiglie Pivanti, Zuccari, Calzoni, Mengoli, Battaglia, Nicolasi. Ciò che succes­se negli anni precedenti è descritto in una serie pressoché infinita di rogiti ed esula dallo scopo di questa pubblicazione. Tuttavia, a titolo di curiosità, diremo che nell’Archivio di Stato di Modena si conserva una mappa concernente una divisione redatta da G. Battista Aleotti, a metà del 1500, di terreni della Grande Bonificazione Estense. Si riferi­sce proprio a parte del terreno posto nella zona in questione poiché si menziona il nome di antiche famiglie serravallesi, come ad esempio i Pavanatti, e quella di certo Sigismondo Pendasi, dal cui cognome è derivata la denominazione del luogo situato nei pressi della Trombona ed ancora oggi detto «il Pandasio».

Allo stato attuale delle ricerche, nulla si è trovato circa l’origine del nome «Cardinala». Che la possessione fosse anticamente di proprietà di un cardinale? E una pura illazione ma abbastanza credibile se si considera come sono nate le denominazioni dei fondi dei quali si è parlato. Si sa che in quella zona avevano ottenuto investiture livellarle i Bevilacqua, i Rangoni, i Contarini. Nello stru­mento di vendita del 10 dicembre 1818 della possessione Trombona da parte di Antonia Beccati del fu Giuseppe, vedova di Paolo Sivieri, al signor Vincenzo Pivanti, si cita il nome del proprietario della «Car­dinala» nella persona di don Bortolo Battaglia.

Per quanto riguarda la località «Ponte Albersano» la si ritrova menzionata, situata però più a tramontana, nei pressi del Po e spostata addirittura alla destra della Trombona e del relativo froldo, nella carta del tardo ‘600 da noi pubblicata sotto il n. 2, e qui però citata come «Baresano». Nella perizia fatta dal pubblico agrimensore ferrarese Francesco Maccapani dell’8 novembre 1796 su una parte di terreno vallivo ceduto a livello da Antonio Duo al signor Vincenzo Pivanti, si cita la località Ponte Albersano con la denominazione «Ponte Baresani». Quasi sicuramente «Albersano» è una corruzione dialettale dei secoli scorsi dell’italiano «Al (froldo) Beresano» = «Al Beresano» = «Albersano». L’esatta denominazione sarebbe pertanto «Ponte del Baresano» o «Ponte Baresano», e la località dovrebbe essere chiamata in italiano «Baresano», come in effetti si ritrova ancora oggi nel nostro dialetto. Nulla impedisce però che anticamente questa zona di territo­rio serravallese fosse di proprietà della famiglia ferrarese degli Albaresani; in questo caso quindi la denominazione della località di cui stiamo parlando sarebbe da ricondurre ad un adattamento del cognome, come è avvenuto per la località «Pandasio». Una documentazione al proposito non è stata tuttavia incontrata durante lo svolgimento delle ricerche che hanno permesso la realizzazione di questo lavoro. Di questa località, bisogna doverosamente ricordare il fatto che essa sia stata teatro dei luttuosi avvenimenti del 27 giugno 1901, quando, sul ponte attraversante il Canai Bianco, a causa di rivendicazioni operaie, vennero uccisi dai militi del ten. De Benedetti, Nicchio Cesira e Desuò Ercole. Ancora oggi una lapide marmorea ricorda l’avvenimento con la seguente scritta: «Qui caddero il 27 6/1901 Nicchio Cesira e Desuò Ercole Callisto per il miglioramento economico-sociale della Bassa Ferrarese». Dei fatti di Ponte Albergano ci siamo occupati nella prima parte del libro.

Ora passiamo alla «Trombona». Questo luogo viene nominato, assieme alla «Trombina», con una esauriente descrizione della «sòccida» di Berra, nell’inventario dei beni di Alfonso II d’Este, redatto nel 1598. Il froldo della Trombona, e la località propriamente detta «Trombona», sono riportate anche nella carta a fronte dell’isola di Papozze. In tempi più recenti il terreno e la casa colonica appartennero a Moregola don Pietro, poi, nel 1794 (24 gennaio), dopo alcune vicende di eredità ed atti di vendita, entrò in possesso di Carl’Antonio Moregola: «II corpetto di terreno con casa sopra, nella villa di Saravalle, di ragione Direttaria della Ven. Abbazia di S. Maria di Gavello, a Canal Novo, qual casa soltanto fu da esso constituita in Patrimonio a di lui figlio Don Agostino Moregola Sacerdote, allorché fu per ascendere all’Ordine Sacro del Suddiaconato».

Il Moregola diede in subuso il terreno e la casa a Vincenzo Pivanti. Successivamente, con atto del martedì 29/10/1811, Vincenzo Pivanti affrancò il livello, divenendo legittimo proprietario sia del fondo che della casa. Carl’Antonio Moregola proveniva da Ariano Polesine e il figlio don Agostino fu per qualche tempo cappellano curato di quella chiesa.

Per le possessioni, antiche e recenti, che, partendo da Ponte Albersano, e fino al confine con il territorio d’Ariano Ferrarese, portano i nomi di «Botte», «Botticelle», «Botte Crepalda», «la Botte», valga quanto il Penna riporta a pagina 47 del suo più volte citato Carte Corografiche dello Stato di Ferrara e descrizioni compendiose, Ferrara, 1662:

«E perché v’erano molti terreni tra il Po di Lombardia, e il Canai Bianco, nel quale non potevano scolare, per essere il fondo del medemo canale più alto della suprema superfìcie di quelli (come anco è di tutti li altri di detta bonificazione) furono fatti certi ponti canali, o come si chiamano sul Ferrarese, certe Botti di pietra cotta, che passan­do sotto il letto di detto canale bianco dovrebbero portare le acque de suddetti terreni ne condotti di detta bonificazione (…)».


Informazioni tratte dal libro di Giovanni Raminelli “SERRAVALLE- Profilo storico di un paese della Bassa Ferrarese

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