I Bevilacqua
Per quanto concerne la famiglia dei marchesi Bevilacqua, possessori nel secolo XVIII della tenuta «Crepalda», si può dire che le notizie che la riguardano sono assai numerose. Lo storico ferrarese Antonio Frizzi (1736/1800) ne ha tracciato una storia mentre un profilo succinto è possibile trovarlo nell’opera già citata dell’Ughi (tomo 1°, pp. 54-66). Più completo è comunque il libro del Frizzi Memorie storiche della nobile Famiglia Bevilacqua, citato nella sezione precedente.
Originari di Verona, i marchesi Bevilacqua possedevano anche una vasta tenuta in località «Piumana» di Ambrogio. In questo luogo ebbero come successori Ì Salvagnini di Adria (Ro). I Bevilacqua, nel 1717, innalzarono in questa località del Comune di Copparo (fra l’altro rinomata per certi rinvenimenti archeologici di epoca romana) un oratorio, andato purtroppo demolito nel principio di questo secolo. Il perché i Bevilacqua fossero nel secolo XVIII anche patroni della chiesa abbaziale di Serravalle, in luogo dei conti Giglioli, questo rimane questione ancora da chiarire. Il giuspatronato dell’abbazia serravallese non è menzionato, ad esempio, nel libretto Onori e privilegi della Famiglia Bevilacqua di autore anonimo (secolo XVII), parte manoscritto e parte stampato, conservato presso la Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara. Tuttavia, dal libro del Frizzi risultano legami fra i Bevilacqua ed i Giglioli, legami che potrebbero essere la ragione del passaggio temporaneo del giuspatronato ai Bevilacqua.
«Delle due figliole che oltre ai maschi, partorì la Villa [Camilla Villa, sposa di Gherardo Bevilacqua: 1589 circa] Bevilacqua, una sola fu del secolo. Si nominò Costanza, e nel 1600 circa fu unita in matrimonio ad Ippolito di Scipione Giglioli ferrarese Conte di Trignano e Marchese della Serra (…), questi, cioè Ippolito, (…) fu Giudice dei Savi nel 1616; l’anno dopo andò Ambasciatore ordinario a Roma per la città di Ferrara, e vi risiedè per 2 trienni, i quali colla vita terminò nel 1624 in quella Capitale (…). Non lascierò di avvertire, che in grazia di essi fratelli Conte Ippolito, e Mons. Alfonso fu eretto nel 1621, in Roma, il Monte Giglioli con autorità del Pontefice» (FRIZZI, o.c., p. 136).
Nella seconda metà del secolo XVII visse un mons. Luigi Bevilacqua che i numerosi impegni del proprio stato non distoglievano dalle cure degli interessi della famiglia.
«Proseguiva intanto la sorte a produrre e a favorire il merito di Mons. Bevilacqua. Clemente X, del quale era divenuto Prelato domestico, con Breve de’ 4 marzo 1671, lo innalzò alla dignità di Governatore e Vicecamerario di Roma. Intanto in mezzo alle cure pubbliche non mancò tempo al Prelato di pensare agli interessi privati della famiglia. Era uno de’ principali proprietari del Monte Giglioli, istituito in Roma con Ponttfizia autorità li 21 giugno 1621 a benefizio di quel Marchese Ippolito Giglioli Ambasciator ordinario di Ferrara alla Santa Sede, marito di Costanza Bevilacqua, e padre di Lucrezia, che vedemmo accoppiata al Marchese Onofrio parimenti de’Bevilacqua. Essendosi dovuto nel 1672 vendere alle subaste i Beni, che furono a quel monte assegnati in dote, egli stesso gli acquistò, e furono di quantità riguardevole nelle Ville del Ferrarese nominate Saravalle, Papozze, Piumana, ecc.» (FRIZZI, o.c., pp. 197-198).
Ma ancor più interessante risulta la questione circa l’eredità Giglioli cui fu destinato il marchese Riccardo Bevilacqua:
«Visse pochi anni il Marchese Riccardo di Onofrio. La sua nascita fu in Ferrara li 21 aprile 1640, e la sua morte in Bologna il 1 Decembre 1668. Si distingue tra’ suoi per la eredità Giglioli, alla quale egli fu destinato. Più volte si è parlato di quella Famiglia [l’Autore cita i paragrafi del suo libro in cui si parla dei Giglioli: LXIV, XCI, XCVIII]. Il Marchese Francesco Giglioli, morendo in Roma l’anno 1624, senza aver lasciata prole dalla Marchesa Sidonia, detta ancor Panta, figlia del Marchese Luigi Zerbinati, sua moglie, che dopo di lui sposò il Marchese Gian-Luigi Gonzaga, lasciò erede il Marchese Riccardo Bevilacqua proprio nipote di sorella, Coll’eredità insieme gli tramandò il cognome, e con esso le insegne sue gentilizie, cioè uno «scudo spaccato d’oro ed azzurro con l’aquila coronata in nero a volo abbassato di nero nell’oro e d’oro nell’azzurro». Col cognome Giglioli aggregò il Pontefice il Conte Riccardo al Gran Consiglio di Ferrara Panno 164^» (FRIZZI, o.c., p. 221).
Tuttavia l’eredità acquisita con la morte del Giglioli è anteriore di poco più di un decennio dalla elevazione della chiesa di Serravalle al titolo di abbazia, ed in quel periodo ben si sa (come il lettore avrà poi modo di constatare in altra parte del presente lavoro) che i patroni ne erano i conti Giglioli, con a capo il conte Alessandro che quella chiesa aveva fatto edificare ed aveva dotato. Un secolo più tardi, e precisamente nel 1761, i Bevilacqua furono i presentatori al vescovo d’Adria per la nomina ad abate del rev.do don Antonio Schiavi, dovendo adempiere alle prescrizioni dettate dai doveri di giuspatronato. E ciò fino alla fine del 1700, quando ritroviamo i conti Giglioli nuovamente patroni della nostra chiesa.
Il nodo storico dell’alternanza del diritto di giuspatronato fra queste due famiglie non è possibile scioglierlo allo stato attuale delle ricerche. Speriamo nel futuro!
I Pendasi
«Pendasi – D’azzurro, alla sirena di carnagione, coronata d’oro e tenente le due code d’oro.
Antica ed illustre famiglia estinta nel XVII secolo. Era oriunda da Mantova e fu stabilita a Ferrara da Francesco e da Antonio Maria de’ Pendasi, detti nobili ferraresi e mantovani, che nel 1494 fondarono una Cappella in S. Maria in Vado. Cesare fu valente medico, filosofo e professore dell’Università (1544). Maurelio, dei frati Gerolamini, occupò le primarie cariche del suo Ordine. Giulio Cesare (1601), Ottavo (1610) e Giacomo (1619) furono consiglieri del 2° Ordine. Teodora Pendasi (+1684) sposò D. Francesco Gon2aga. Un ramo dei Pendasi fiorì a Bologna e ad esso appartenne il Conte Cesare, medico e filosofo (1571)» (F. Pasini-Frassoni, o.c., p. 421).
È bene ricordare che i Pendasi (o Pedasi, come talvolta si trova) ebbero parte anche nelle vicende relative al tenimento della Mesola. Infatti «il sig. Baldino Baldini nel 1407 e 1430, ed i Pedasi con altri, in vari tempi ne riconobbero l’utile dominio d’alcune ragguardevoli porzioni dalla Casa d’Este, che ne era padrona direttoria; ma il Duca Ercole I nel 1490 ricomprò anche l’utile dominio dei Pedasi, e godè con i suoi successori di quelle valli, boschi e spiagge per pesche e caccie di quadrupedi e volatili di moltissime specie» (tratto da: Cenno storico descrittivo sul tenimento Mesola di proprietà del Venerabile Archiospedale di S. Spirito in Sassia, redatto dall’Ing. Zancalloncelli in Roma il 28 dicembre 1875, e riportato da Pietro de Angelis, La Mesola, Roma, 1967, p. 157).
Informazioni tratte dal libro di Giovanni Raminelli “SERRAVALLE- Profilo storico di un paese della Bassa Ferrarese“
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