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ADRIA, IL MERCATO E IL VIAGGIO IN UN TEMPO CHE NON SARA’ MAI PIU’… – Di Leonardo Peverati –

Non sarebbero più di due o tre, tra paesi e cittadine, i luoghi dove andrei ad abitare se fossi costretto ad abbandonare il mio paese, uno di questi è sicuramente Adria.

E’ un paesone? Una cittadina?

Se lo chiedi a loro, agli “adrioti”, adriesi per l’italiano, ti dicono subito che Adria è una Città.

Ed è così, perché la storia della comunità adriese, le origini antiche di questo insediamento, risalgono molto indietro negli anni. Senza voler poi millantare conoscenze approfondite, dirò solo che era, in età romana, il più importante porto dei nostri illustri antenati, quando il mare lambiva le sue coste e da lei prese il nome.

Da allora ha mantenuto la struttura della “Città”, da sempre crocevia di scambi commerciali solo ultimamente calati per via della crisi che ha colpito tutti.

Una struttura sociale fatta in particolare di commercianti e liberi professionisti, molto più di quanto lo siano quelle di altre città limitrofe, come la stessa Rovigo.

E’ qui che ho studiato alle superiori, è qui che hanno studiato i miei figli, è in questa bella cittadina veneta che spesso vado ancora per trascorrere qualche ora di svago.

Ma i tempi aimè, cambiano e, se prima frequentavo molto di più il centro, per un caffè lungo il mitico Corso Vittorio Emanuele, per una visita al Duomo, là in fondo, dopo “el canalon”, o per un passaggio alla splendida Basilica di Santa Maria Assunta, da tutti meglio conosciuta come “Chiesa della Tomba”, adesso quando arrivo alle sue porte, trovo un centro commerciale e spesso mi fermo. Male, me lo dico da solo!!

E il mercato? Il mercato qui fa parte della cultura locale. Nella capitale del commercio del basso Polesine, esso diventa una sorta di festa collettiva e vi partecipano tutti, indipendentemente dalla classe sociale.

Era tanto tempo che non andavamo e fu così che, in una bella giornata dello scorso autunno, parto con mia moglie per il mercato ad Adria.

Mentre sono lì, passeggio e guardo queste bancherelle che vendono ogni sorta di prodotti, dei più svariati generi, dall’abbigliamento, alla casa, dalla frutta e verdura, alle scarpe.

Mi accorgo tuttavia che dopo molto tempo di mancata frequentazione, la mia attenzione è attratta si da tutta quella gente che si muove, parla, ride e compra, ma soprattutto mi sovvengono ricordi di qualche anno fa.

Si di qualche, per non dire di parecchi anni fa quando, il sabato mattina era questa la tappa, quasi fissa che io e mia moglie eravamo soliti fare con quel passeggino da trabaldare, di qua e di là, per portare in giro un figlio che oggi ha trent’anni.

E ancora mi sovveniva il ricordo, fra quelle bancherelle, di quando sempre di sabato portavo a scuola mia figlia. Arrivavo ad Adria verso le otto, lei scendeva davanti alla scuola ed io parcheggiavo dalle parti dell’ospedale. Percorso a piedi il tratto che porta verso il canale, proseguivo per la via del mercato.

I camioncini degli ambulanti si stavano posizionando, spesso era stagione invernale, umida, fredda. Qualcuno di loro stava già sistemando la mercanzia sulla banca e rispondevano ai vigili per gli inevitabili controlli.

Arrivato verso la metà di quella via, prendevo un caffè al Cristallino e, se la stagione lo permetteva, mi sedevo a guardare tutto quel movimento, a sentire quel vociare di quella gente che si accingeva al proprio lavoro. Dopo una mezzoretta, la via si popolava di gente, di adriesi sì, ma anche di molti che qui vengono dai comuni limitrofi: Chioggia, Ariano, Porto Viro, Porto Tolle, Taglio di Po, Cavarzere….

…Ed era li, fin verso le nove, nove e mezzo, che nel sentire quelle cadenze dialettali, tutte venete sì, ma così profondamente diverse l’una dall’altra, mi sovvenivano i ricordi degli anni delle mie “superiori”, quando a quelle cadenze erano del tutto famigliari.

Non ho comprato nulla quel giorno al mercato, ho solo pensato e ricordato!

Anche se da qualche parte c’era qualcosa che m’interessava, probabilmente non l’ho visto.

Leonardo Peverati – 19 gennaio 2017

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