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IN MEMORIA DI MIO PADRE, GASTONE PEVERATI… (CHE LA TERRA GLI SIA LIEVE) – Di Leonardo Peverati –

Mio Padre……………
un Bancario
un Cacciatore e un Ballerino

di Leonardo Peverati

Classe 1926. Nato là, al di là dall’argine maestro del Po, dove si vede il fiume per la prima volta biforcare e correre veloce e spedito verso il mare.

Figlio di madre non sposata, visse con nonna e zii per parecchi anni, ma il carattere non gli impedì di tirar fuori quello spirito forte e indipendente che lo seguì per tutta la vita. Educarlo, mi si è detto, non fu difficile, ma contenerlo a volte si: la tranquillità non è mai stata per lui una buona compagna.

Tempi duri quelli che visse da ragazzo. Famiglia semplice e povera, vivevano con quella poca terra golenale soggetta alle alluvioni del fiume che spesso spazzavano via raccolti e speranze.

Tuttavia, per non annoiare, un salto in questa storia va fatto.

Dopo le elementari e le medie, allora si chiamava ginnasio, frequentò, con sacrifici enormi, gli studi magistrali ad Adria. Erano gli anni della guerra e quegli studi furono più volte interrotti, ripresi, talvolta seguiti da esami privati per recuperare il tempo perduto. E ad Adria, insieme agli amici, ci si andava in bicicletta, d’estate e d’inverno, dopo aver attraversato con il passo, con la “batana ad Pipio”, quel fiume che tanti ne inghiottì a quei tempi.

Non si diplomò mai Gastone. Le vicissitudini della vita sono tante e a lui andò così, pur conservando una cultura scolastica classica, secondo me, invidiabile.

Erano gli anni ’50, precisamente il 1955, quando insieme al direttore, Maestro Zanella, varcò la soglia della prima filiale di una banca insediatasi a Serravalle: era quella della Cassa di Risparmio di Ferrara. In quel mondo, dopo innumerevoli tentativi in altri lavori, visse per i suoi trentacinque anni lavorativi. Lì, in via Pivanti, in quella che lui chiamava la “mia banca”, a un tiro di schioppo da quella che dal 1969 è la sua casa.

“A un tiro di schioppo”: mai cinque parole così azzeccate per introdurmi nel racconto di una delle due passioni della sua vita, la caccia. Per la caccia le ferie estive non esistevano. Settembre era il mese, non esistevano scelte diverse cascasse il mondo. Di Giugno, Luglio e Agosto i suoi colleghi potevano ampiamente approfittare, per lui erano mesi lavorativi.

Era una passione nata in tenera età. Solo quindicenne le prime uscite con lo zio Roberto, eccelso cacciatore, furibondo pescatore. E se pescatore mio padre non lo diventò mai, cacciatore è rimasto sempre e solo a ottant’anni smise la licenza.

I suoi cani in famiglia sono una leggenda. Ne addestrò tanti e lo faceva bene e il vanto suo, probabilmente non risaputo, per quella naturale tendenza alla riservatezza che aveva, era quello di essere un incaricato dell’Ente Cinofilo di Milano per certificare le nascite dei cani di razza iscritti per il rilascio del pedigree.

Era figlio di un violinista, l’unico stonato nella razza dei Peverati sono io.

La musica per Fabio “Ghisetto”, suo padre, era la vita. Per lui e mia madre il ballo ha rappresentato l’unico svago di una vita semplice, mai altisonante e fuori dalle righe. Era uno svago, ma era la passione che fin da ragazzi li accompagnò fino a tarda età: ancora a ottant’anni tutti i sabati sera erano in pista. So che non dovrei dirlo io, ma ballavano e ballavano bene. Autodidatti, come i loro coetanei, ma con quella naturale propensione verso il ballo che non s’impara a scuola.

E quelle piccole medagliette che mi circolano per casa appese in qua e in là, che nelle serate invernali in Sala Eden gli venivano attribuite per premiarli, magari scherzosamente o per la loro assidua partecipazione, adesso le terrò care.

Mio padre Lodovico, ma per tutti Gastone.

Un capo famiglia “tosto”. Una persona compatta, spirito libero e ostinato, non sempre facile.

Fece della sua vita, una vita di regole, talvolta fin troppo ferree.

Dalla battuta di caccia, fosse mai arrivato a casa con una lepre o un fagiano in più di quelli previsti; nel ballo si cedeva il passo a chi magari, secondo lui, era migliore di lui; una tomba vivente su tutto quel che sapeva e vedeva nell’ambito del suo lavoro.

E adesso…. adesso caro papà è finita!!

Quella tua testa cocciuta, che da tanto non ti dava più retta, ha rovesciato in dieci giorni il peso dei tuoi 92 anni su quel tuo fisico, da sempre forte, ma non invincibile.

Fai buon viaggio e vai tranquillo a riposarti lassù ………..

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