Coccanile – (di l.c.) Chiesa di San Venanzio a Coccanile gremita domenica 13 ottobre per festeggiare il compleanno di don Rino Lotto, parroco di Cologna per 49 anni e dal 31 ottobre scorso ritirato dal servizio attivo di sacerdozio.
Affiancato dal parroco locale don Leonardo Bacelle, don Rino ha celebrato l’Eucarestia davanti a numerosi fedeli e a molti suoi ex parrocchiani, accorsi numerosi da Cologna: folta presenza anche fu fedeli da Berra dove don Rino era molto conosciuto.
Visibilmente commosso don Rino non ha mancato di contraccambiare i saluti. “Sono affetto da una malattia rara – ha detto scherzando don Rino, mentre ringraziava i fedeli degli auguri – la “ottantasettite”, una malattia che colpisce pochi fortunati”.
Durante l’omelia don Rino ha detto più volte che “ringraziare il Signore è la cosa più bella. Va bene partecipare all’eucarestia, pregare, dire il rosario, ma ringraziare il Signore è la cosa più bella. Ed io non dimenticherò mai di farlo. Al mattino, appena sveglio, e alla sera, prima di coricarmi: Grazie Signore”.
Poi ha fatto ridere i fedeli. “Così facendo mi sento bene, come se fossi un cinquantenne”.
Nato a Lanzè di Quinto Vicentino il 10 ottobre 1932, don Rino entrò in seminario a Ravenna dove venne ordinato sacerdote il 25 luglio 1959, da monsignor Salvatore Baldassari. È l’ultimo dei sacerdoti rimasti da quando c’era la diocesi di Ravenna nella pentapoli (Serravalle – Berra – Cologna – Coccanile – Ambrogio), prima che queste parrocchie passassero sotto la giurisdizione di Ferrara, nel maggio 1966.
Fu vicario parrocchiale a Cologna, dal 1964 al 1966, e a Jolanda di Savoia dal 1966 al 1967. Poi parroco a Viconovo, nominato dal vescovo Mosconi, sino al 1972. Nel dicembre 1972 viene trasferito come arciprete a Cologna, dove ha risieduto sino all’agosto del 2018.
A seguito di un incidente domestico è stato ricoverato nella struttura protetta “Betlem” a Ferrara. Il 31 ottobre scorso, dopo una vita, è il caso di dirlo, di fede e devozione, don Rino ha rassegnato le sue dimissioni, dopo ben 60 anni di sacerdozio, 49 dei quali trascorsi a Cologna.
Al termine dell’Eucarestia don Rino ha ricevuto tutti i presenti per i saluti e poi a tavola.
Prima del rito finale una partocchiana gli ha dedicato una poesia: Il Sacerdote di Don Novello Pederzini
Il Sacerdote di Don Novello Pederzini.
Vive ed opera nel mondo,
ma non appartiene al mondo.
È figlio di uomini,
ma ha l’autorità di renderli figli di Dio.
È povero,
ma ha il potere di comunicare ai fratelli ricchezze infinite.
È debole,
ma rende forti i deboli col pane della vita.
È servitore,
ma davanti a lui
si inginocchiano gli Angeli.
È mortale,
ma ha il compito
di trasmettere l’immortalità.
Cammina sulla terra,
ma i suoi occhi sono rivolti al cielo.
Collabora al benessere degli uomini,
ma non li distoglie dalla meta finale che è il Paradiso.
Può fare cose
che neppure Maria e gli Angeli possono compiere:
celebra la S. Messa e perdona i peccati.
Quando celebra
ci sovrasta di qualche gradino, ma la sua azione tocca il cielo.
Quando assolve
rivela la potenza di Dio
che perdona i peccati e ridona la vita.
Quando insegna
propone la Parola di Gesù:
« Io sono la Via, la Verità e la Vita».
Quando prega per noi
il Signore lo ascolta,
perché lo ha costituito “Pontefice”, cioè ponte di collegamento
fra Dio e i fratelli.
Quando lo accogliamo
diventa l’amico più sincero e fedele.
È l’uomo più amato e più incompreso; il più cercato e il più rifiutato.
È la persona più criticata, perché deve confermare con il suo esempio l’autenticità del messaggio.
È il fratello universale,
il cui mandato è solo quello di servire, senza nulla pretendere.
Se è santo, lo ignoriamo;
se è mediocre, lo disprezziamo.
Se è generoso, lo sfruttiamo;
se è “interessato”, lo critichiamo.
Se siamo nel bisogno, lo assilliamo; se vengono meno le necessità, lo dimentichiamo.
E solo quando ci sarà sottratto comprenderemo
quanto ci fosse indispensabile e caro.
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