8 dicembre 1969 – 8 dicembre 2019
L’ultima famiglia di Serravalle abbandona la golena del Po
“DA CINQUANT’ANNI IN VIA PIVANTI”
Era l’8 dicembre 1969, esattamente cinquant’anni fa, quando la mia famiglia lasciò per ultima la golena di Serravalle e si trasferì in paese.
In un freddo e nevoso pomeriggio dell’Immacolata, su un rimorchio trainato da un trattore, arrivarono nella casa di via Pivanti gli ultimi mobili. La confusione in casa era tanta, tutto da sistemare.
Gli animi erano presi da emozioni diverse: mio padre e mia nonna quasi piangevano, d’altra parte in quel posto, isolato ormai dal mondo, erano vissuti per una quarantina d’anni. Mia madre un po’ stordita, confidava comunque che sarebbe passata presto la nostalgia: in golena non c’era nulla di quelle comodità che avremmo trovato nella nuova abitazione. Non c’era l’energia elettrica, vicino al Po! Non c’era riscaldamento se non quello del camino e della cucina a legna, non c’era il bagno …non c’era nulla.
Io avevo tredici anni, ero in terza media, avrei cominciato le superiori l’anno successivo. Ero preso dalla novità che finalmente sarei potuto andare al cinema da solo la sera: dalla golena di sera si usciva solo se accompagnati. Ero forse l’unico veramente felice in quella grigia giornata invernale e lo sono stato fino a poco prima di cena, fino a quando, terribilmente infreddolito, mia madre decretò: “At gà un bel fievròn ti”!!!
Addio cinema, rimandato alla settimana successiva.
E’ il cinquantesimo anniversario, dunque! Sono cinquant’anni che le nostre vicende famigliari sono legate a questa casa di questa via che porta direttamente in centro al paese.
Sono veramente tanti gli anni trascorsi. Anni che mi hanno visto ragazzino, impegnato a studiare e a far quel che fanno i ragazzini.
Sono tanti, stanno addirittura diventando troppi, gli anni che mi hanno visto costruire una famiglia con chi, insieme con me, ha voluto credere in un grande progetto, oserei dire un sogno.
Qui, in quella che noi definiamo la via principale del paese, ma che in realtà soffre per attività dismesse e per paesani che, lasciandoci, hanno creato un vuoto umano incolmabile insieme alle loro case vuote, ebbene qui è nata la mia famiglia. Qui i miei figli sono diventati adulti e di qua hanno preso il volo, com’è giusto che sia.
Qui io e mia moglie abitiamo ancora, fino a quando? Fino a quando il buon Dio vorrà. Il nostro unico compito sarà quello di aiutare la beata prole e, perché no, la prole che vorranno farci conoscere.
Ma la domanda che probabilmente sovviene a chi legge è, se dopo cinquant’anni, di quel posto isolato di là dall’argine, proprio nulla è rimasto….
No, non è rimasto nulla, la casa da tanti anni non c’è più, è un pezzo di terra incolta in una golena anonima. Sono rimasti solo i ricordi di un bambino che in maggio e in novembre, abitando quasi nella pancia del grande fiume, nella golena che sta difronte a via Roma, al bassòn, era costretto a raggiungere l’argine in barca. Un bambino che vide il primo televisore in casa nel ’68 quando l’uomo sbarcò sulla luna.
Leonardo Peverati
8 Dicembre 2019
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