Ferrara – Se la piena del Po del 2000 ha scosso la piccola comunità dell’ex comune di Berra con il fontanazzo del Contuga, del quale oggi, 20 ottobre ricorre il ventennale, anche il resto della provincia di Ferrara non ha trascorso bei momenti. Riportiamo qui di seguito quanto esternato dall’allora prefetto di Ferrara, Luciano Mauriello, molto tempo dopo quanto accaduto i fatti.
Novembre, 2014
di LUCIANO MAURIELLO
Credo che sia sempre vivo nella memoria comune il ricordo dei giorni drammatici dell’ottobre di quattordici anni fa, quando la città di Ferrara fu minacciata dalla piena del Po.
Invero, non era la prima volta che un evento del genere si era verificato negli ultimi cinquant’anni, per non andare molto indietro nel tempo.
Nell’autunno del 1994 il pericolo era apparso incombente. Allora, però, un improvviso arresto nella dinamica d’innalzamento del livello delle acque salvò la città estense dalle devastanti conseguenze di uno straripamento che era sembrato inevitabile.
Non era andata così nel novembre del 1951, allorchè eccezionali eventi alluvionali determinarono un aumento straordinario della portata del grande fiume, tale da causare la sommersione di aree territoriali molto estese, la perdita di tante vite umane fra Ferrara e Rovigo, danni materiali d’incalcolabile valore.
Ma molto tempo era trascorso da quella che è passata alla storia come l’alluvione del Polesine, una delle tragedie più gravi della storia italiana recente. La memoria dei più anziani ne era rimasta segnata per sempre ed, anche se i comportamenti degli uomini non sempre erano apparsi ispirati a prudenza (quante costruzioni abusive a ridosso delle sponde del fiume erano ancora lì a testimoniarlo!), non era mancato l’impegno di chi era chiamato a provvedere nel campo delle opere di difesa passiva, mediante l’innalzamento degli argini, la messa a punto di nuove aree golenali e l’ampliamento di quelle giù esistenti.
Anche in quell’indimenticabile ottobre del 2000 i problemi non mancarono e si fu costretti a fronteggiarli sotto la spinta di un’emergenza che in alcuni momenti sembrò addirittura soverchiare gli sforzi di coloro che per il ruolo istituzionale rivestito erano impegnati in prima linea.
Prefetto di Ferrara da oltre un anno, io ero fra questi, quale coordinatore e massimo responsabile a livello provinciale degli interventi pubblici da porre in essere. La più grave decisione apparve subito quella del possibile abbattimento del grande ponte sul Po, lungo la linea ferroviaria Bologna-Ferrara.
Sotto le sue arcate la piena del fiume aveva depositato rifiuti di ogni genere e concreto si era fatto il pericolo che potesse determinarsi l’effetto- diga e le acque, tracimando verso Ferrara, finissero con il sommergere quasi tutto il territorio provinciale.
La gravità della situazione non era sfuggita alle stesse autorità centrali tant’è che nel primo pomeriggio del giorno 19 si precipitò nella città estense il sottosegretario di Stato alla protezione civile Franco Barberi, raggiunto poco più tardi dal presidente della Regione Vasco Errani. Nel corso della giornata si susseguirono le riunioni operative, alla presenza anche delle autorità della vicina provincia di Rovigo nonchè dei dirigenti e dei tecnici del compartimento ferroviario di Bologna.
Alla fine si decise di tentare l’attuazione del piano d’innalzamento del grande manufatto, pur dovendosi fare i conti con il limitato tempo a disposizione perchè il livello del fiume continuava a cresc. ere inesorabilmente.
Per precauzione erano stati mobilitati ed avevano subito raggiunto Ferrara gli artificieri dell’esercito di stanza a Legnago mentre si era già portata in città, per l’attuazione degli interventi di soccorso ed assistenza alla popolazione, la grande colonna mobile della protezione civile di cui era dotata la regione Emilia-Romagna.
Tutta la notte lavorarono alacremente i tecnici e le squadre di operai delle ferrovie mentre sulle sponde del fiume tante persone, in trepida attesa, assistevano alle operazioni in uno scenario reso ancor più spettrale dal rumoreggiare delle acque e dai fasci di luce diffusi dai gruppi elettrogeni.
Si riuscì ad innalzare il rilevato ferroviario di ottanta centimetri e si accrebbe la speranza di evitarne l’abbattimento con l’impiego di esplosivo ad alto potenziale, decisione che avrei dovuto assumere proprio io, quale prefetto della provincia più direttamente interessata.
I problemi non erano però finiti, considerato che di lì a poco fummo informati che nel territorio del comune di Berra, lungo l’argine del fiume si era aperta una preoccupante falla, con conseguente fontanazzo, che occorreva chiudere subito per evitare che, ampliandosi, potesse provocare la rovina dell’intera sponda in terra battuta.
Con la solita abnegazione i vigili del fuoco e i sommozzatori subito intervenuti lavorarono intensamente e con grande coraggio, evitando le temute conseguenze.
Ma il problema più grave si dovette affrontare nelle campagne di Ro Ferrarese dove, in corrispondenza di una grande ansa del fiume, si era determinata una vistosa fessurazione nell’argine in pietra.
Poteva rappresentare un pericolo gravissimo perché, arrivando in quel punto le acque con una velocità impressionante, l’allagamento di quasi tutto il territorio provinciale sarebbe stato inevitabile.
Per fortuna, nel corso della notte, un guardiano idraulico si era accorto della falla, dando subito l’allarme.
Gli esperti tecnici presenti sul posto fecero il resto e il pericolo fu scongiurato. A Pontelagoscuro, intanto, il livello del fiume era sceso a metri 3,57 e tendeva a decrescere sempre più perché, alla foce, si erano determinate, per l’assenza di vento, condizioni favorevoli all’assorbimento dei grandi volumi d’acqua che il Po era andato producendo nei giorni precedenti. Finalmente potemmo tutti tirare un sospiro di sollievo.
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