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RO – IL COMUNE DI RIVA DEL PO “PRESTA” UN QUADRO DI ADELCHI RICCARDO MANTOVANI INTITOLATO “LA REGINA” ALLA FONDAZIONE FERRARA ARTE – MANTOVANI ARTISTA/OPERAIO FU SCOPERTO DA VITTORIO SGARBI

ADELCHI RICCARDO MANTOVANI

Ro – È stara fatta una concessione in comodato gratuito da parte dell’amministrazione comunale di Riva del Po a favore della Fondazione Ferrara Arte e riguarda l’opera di Adelchi Riccardo Mantovani intitolata “La Regina”, matita su cartone, 2006, di dimensioni 292,5cm x 22,5cm. L’opera verrà esposta nella mostra “Il sogno di Ferrara – Adelchi Riccardo Mantovani” che si terrà a Ferrara, al Castello Estense, dal 5 marzo al 9 ottobre 2022.

Il quadro, già di proprietà dell’ex comune di Ro, è opera del roese Riccardo, ivi nato nel 1942 e trasferitosi in Germania agli inizi degli anni “60, dove tuttora risiede, per fare l’operaio, con il sogno di diventare calciatore e continuando la sua passione di pittore, che poi diventerà anche il suo lavoro.

Adelchi Riccardo Mantovani fu definito dal critico Vittorio Sgarbi un “Raffaello rispetto a Ligabue” che è il più noto dei pittori “per caso”. Fu proprio Sgarbi a scoprire questo suo concittadino, figlio della bidella della scuola elementare, e a organizzargli la prima importante mostra a Berlino. Rimasto orfano del padre, Adelchi Mantovani fu affidato alle suore dell’orfanotrofio di Ferrara dal ’46 al ’52 e poi mandato in collegio, sempre presso le suore, a seguire i corsi professionali per imparare il mestiere di tornitore.

Dopo un periodo di lavoro a Ferrara, nel 1964 si trasferisce in Germania e dal “66 è a Berlino, dove entra in fabbrica rimanendovi ininterrottamente fino al 1979. Il clima culturale di Berlino lo aiuta a riscoprire l’attitudine al disegno che si era manifestata ai tempi del collegio: “ruba” carta e matite pur di sviluppare il suo ingegno. Nel 1979, dopo vent’anni di fabbrica, smette i panni dell’operaio per indossare quelli di pittore. La sua fortuna è un articolo di Sgarbi su L’Europeo che incuriosisce un collezionista miliardario, Orazio Bagnasco, il quale acquista tutta la sua produzione iniziale, una quarantina di quadri, perché Adelchi non è un autore prolifico.

Molto noto in Germania, non altrettanto in Italia riesce comunque a farsi conoscere anche nel suo paese natio e nel 2006 arriva la mostra “La dolcezza della lontananza” che esprime il legame di Adelchi Mantovani con la propria terra, dice Laura Gavioli, che ha curato la mostra dell’artista alla Galleria del Carbone di Ferrara.

Adelchi Mantovani è la testimonianza vivente che “le arti non muoiono mai, perché sono nate con gli uomini e le tecniche”, come afferma il filosofo Jean-Luc Nancy. Ci sarà sempre, infatti, qualcuno che, anche senza aver studiato, saprà disegnare e avrà il talento di trasferire in un dipinto la tensione e l’eccitazione che gli trasmettono le proprie Muse. Lavorerà con l’immaginazione, anche se si trova in fabbrica dietro un tornio, pensando a come fissare le proprie visioni su tela, a come nutrirle di colori, a come alimentarle con i ricordi – la sera, dopo il lavoro, quando basta chiudere gli occhi e le acque limacciose del Po scivolano su quelle della Sprea, e al parco del Tiergarten si sovrappone il bosco della Mesola con i suoi lecci, ontani, pioppi bianchi. Là, tra canali e golene, lagune e valli da pesca, in uno sperduto casolare si accende una luce. E’ la stanza di Adelchi a Berlino, che ora ritorna a Ferrara.

(red)

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