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RUINA – IL 14 NOVEMBRE 2023 E’ IL 72° ANNIVERSARIO DELLA ROTTA DEL PO NEL 1951 – UN DISASTRO IMMANE CHE HA CONDIZIONATO UN’INTERA POPOLAZIONE PER ANNI – E VI RACCONTIAMO UNA STORIA…

Ruina – Il 14 novembre 1951 alle ore 19 il fiume Po rompe a Paviole, tra Canaro e Occhiobello, creando una breccia di 240 metri sull’argine. Alle ore 20.45 altre due brecce a Bosco ed a Malcantone di Occhiobello. E’ l’alluvione del Polesine di cui martedì, 14 novembre, ricorre il 72° anniversario.

E’ impossibile non ricordare quegli avvenimenti (e bene hanno fatto alcune associazioni e istituzioni a proporre in questi giorni varie iniziative) perché entrati nella memoria di molti di noi, ma anche perché gli avvenimenti di questi giorni in varie parti d’Italia, ripropongono ansie, dolori e lutti che si vorrebbe relegare solo alla storia e non alla cronaca.

Ma l’uomo non ricorda, lo fa solamente quando arriva l’emergenza, ma ormai è tardi. Vogliamo ricordare quei fatti di settantadue anni fa attraverso due delle numerose testimonianze. Erano tutti giovani sui vent’anni nel novembre del ’51 e furono costretti a prendere decisioni importanti per la propria famiglia o per la propria comunità.

Erano giovani, come molti dei giovani che in questi giorni sono corsi in Toscana per dare aiuto, oppure come chi andò a Firenze durante l’alluvione del 1966. Gli “Angeli del fango” – così sono stati chiamati – hanno sempre la
stessa età anche se il tempo passa e si va dal 1951 al 1966, fino al 2011 e ad oggi. Intensa la testimonianza di Rodolfo Graziani, che allora aveva 8 anni e abitava a Ruina: “Ero sull’argine con mio padre e guardavo cosa
stavo succedendo e, ad un certo punto, ho visto, dagli alberi, che il fiume stava calando. Mio padre mi strinse la mano e io dissi ‘Papà, cosa fai, mi fai male’. Mi rispose ‘Al me putìn, l’ha rott’.

Bisognava aspettare per sapere dove. Furono attimi lunghissimi. Eravamo di fronte a Garofalo e ad un certo punto sentii come una mandria di bufali. Mio padre mi disse: ‘Possiamo andare, ha rotto di là’”.

I morti furono 91, 84 dei quali nel famoso “Camion della morte” che, carico di alluvionati, cercava di andare in una zona sicura ma che a Frassinelle, vicino a Fiesso Umbertiano, fu investito da una grande massa d’acqua; solo in sette riuscirono miracolosamente a salvarsi”. E poi Nerio Campioni (oggi scomparso), che nel ’51 aveva 25 anni ed era il sindaco di Occhiobello, un protagonista suo malgrado.

“Dal 10 novembre la stagione era tremenda – disse – pioveva e il mare non riceveva e il Po aumentava. Interpellai i tecnici del Genio Civile di Rovigo e uno di loro mi disse: “Questa volta non riusciremo a fermare le acque del fiume. Dobbiamo solo aspettare”.

Le ronde controllavano gli argini. Lunedì 12 mi sono alzato e da allora sono sempre stato sul Po, non sono più andato a letto. Il 14 mattina la situazione stava precipitando, alle ore 11 decisi di fare una riunione con gli amministratori del Comune e decidemmo di “dare la laga” con il trattore (veniva “arato” l’argine per alzarne il livello, (ndr).

I sacchetti erano pochi e si andava a prenderli con una Vespa a S. Maria Maddalena, ma ne occorrevano tanti. Alle ore 14 aveva già cominciato a tracimare in alcuni punti”. Campioni decise di dare l’allarme alla sua gente nonostante il parere negativo dell’ingegnere capo sezione del Genio Civile di Rovigo che disse “Lei non può creare il
panico”. Il sindaco, dopo aver indossato la fascia tricolore, disse al prete di suonare le campane e fece suonare la sirena.

“All’ingegnere ho detto che da quel momento la situazione era nelle mie mani e ho invitato la gente ad andare sugli argini perché il fiume doveva rompere. Alle 19 sentii il tonfo della rotta. Fu una notte terribile. Cominciammo a portare i primi soccorsi. Il 15 mattina arrivarono in nostro aiuto i barcaioli da S. Benedetto Po e da altre parti”.

(dmb)

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