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BERRA – MERCOLEDI 12 FEBBRAIO – SALA CONSILIARE – STEFANO MURONI HA PRESENTATO IL SUO ULTIMO LIBRO: “L’ULTIMA CITTA’ DEL DUCE” – ALLA RICERCA DEI FERRARESI IN SARDEGNA – UNA STORIA AFFASCINANTE E MAGICA

Mercoledì scorso, 12 febbraio, in sala consiliare a Berra, organizzata dall’Amministrazione Comunale di Riva del Po, alla presenza della Giunta al completo, di alcuni consiglieri e di un pubblico numeroso, si è tenuta la presentazione dell’ultimo libro di Stefano Muroni “L’ultima città del Duce”. Un lavoro in cui l’autore ci ha fatto conoscere i ferraresi, una cinquantina di famiglie, che negli anni Trenta sono andati a popolare la piana della Nurra, in Sardegna e a costruire la città di Fertilia.

Muroni, al quale “non piacciono le cose che finiscono”, è da sempre impegnato nel riportare alla luce storie di uomini del passato, storie di genti che hanno vissuto i suoi luoghi, i luoghi che egli ama come Tresigallo, Gherardi, Ferrara. E allora cosa fa? Cerca di riappropriarsi di quelle storie tramite l’ascolto dei vecchi del paese, mettendo insieme i racconti e le notizie recuperati dai nonni e unendo a tutto ciò una buona dose di ricerca.

Lo studio per questo volume è cominciato ricordando le parole del nonno materno il quale gli diceva che un paio di famiglie “i Novelli e Scardovelli” erano partite negli anni ’30 per andare a vivere, e lavorare, in Sardegna; da qui Stefano ha cominciato a documentarsi e, successivamente, è andato in loco, in Sardegna, a Fertilia a cercare testimoni ferraresi di quel tempo. Ma come fare? Dove andare? A chi chiedere?

L’idea è stata di guardare i nomi sui campanelli e di suonare quando gli pareva che il nome potesse essere ferrarese. Così ha fatto e finalmente ha trovato il primo, che gli ha dato il nome di altri e così la faccenda si è allargata perché chi veniva intervistato, contento che qualcuno si ricordasse di loro, telefonava ai conoscenti e tutti volevano essere ascoltati, tutti volevano parlare, tutti volevano raccontare la loro storia e, soprattutto, tutti volevano che una volta che Stefano fosse tornato “in continente” salutasse per loro “Frara”.

Il grande merito di Stefano Muroni non è stato, tuttavia, tanto “il saluto” che ha, comunque, idealmente, portato a Ferrara, quanto avere reso immortali questi uomini, e ciò che hanno fatto, attraverso la carta stampata. Di loro non esisteva ricordo alcuno; come gli ha detto una delle intervistate: “Sono stati i ferraresi a bonificare la terra. Oggi non c’è nessun monumento, o ricorrenza, che ricordi questo lavoro, ma ci tengo che queste storie non siano perse”.

Stefano Muroni ha promesso che non lo sarebbero state (“E io le dissi di non preoccuparsi, che avrei fatto di tutto pur di raccontarle a qualcuno, pur di metterle nero su bianco“ cit.). Ed ha mantenuto la parola.

Mettendo tutto ciò nero su bianco (scripta manent, diceva qualcuno) ha affidato queste storie “al potere eternatore della Poesia” di foscoliana memoria. Se tutto passa, se tutto si dissolve perché soggetto all’usura del tempo, cosa rimane? Rimane la possibilità di affidare alla poesia, che è immortale, i nomi, le azioni, i sacrifici di questi uomini e, così, questi uomini non finiranno nell’oblio. Stefano Muroni si è riappropriato delle loro speranze, delle loro delusioni, delle loro sofferenze, delle loro fatiche e del loro lavoro ed ha compito davvero una lodevole operazione. Stefano è un uomo curioso e sa che solo conoscendo ciò che è stato ci si può chiamare veramente cittadini della terra che si calpesta e lui, possiamo dirlo senza timore si smentita, è un vero cittadino del suo territorio.

(Cri.Se)

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