Serravalle. “Bisogna sospendere le concessioni offerte nei confronti di taluni Paesi extraeuropei” a dirlo, alcuni anni fa, era Gianpaolo Cenacchi, presidente provinciale e regionale e vice presidente nazionale della Sezione Riso di Confagricoltura, che aggiunse: “Se vogliamo difendere il riso Italiano, così come quello degli altri Paesi dell’Unione Europea, bisogna cambiare le regole attualmente in vigore, sospendendo le concessioni offerte nei confronti di taluni Paesi extraeuropei in quanto danneggiano i nostri produttori”.
Ed ancora: “Nel frattempo è indispensabile frenare l’escalation delle importazioni nella Ue, limitando i quantitativi dell’import a dazio zero dai Paesi del Sud Est asiatico e subordinandolo a criteri di reciprocità; non è infatti accettabile che si importi riso da Paesi in cui vengono utilizzati prodotti fitosanitari che da noi sono vietati da anni”.
Insomma, per Gianpaolo Cenacchi la situazione era chiara, come chiari erano i provvedimenti che bisognava adottare per arginare il calo repentino della produzione Italiana, ma anche Europea, di riso.
“Ma occorre fare presto – aggiungeva Cenacchi – perché la situazione è gravissima ed è concreto il rischio di perdere una produzione importante per la nostra agricoltura come quella del riso, soprattutto per Ferrara, che con oltre 7.500 ettari coltivati garantisce oltre il 90% della produzione Emiliano Romagnola e si colloca tra le province principali produttrici in Italia”.
Tanto presto non si è fatto, perché sono trascorsi più di 2 anni, ma qualcosa si è fatto. Dopo 3 anni di calo arriva l’inversione di tendenza. In Italia erano stati persi 20mila ettari: previsto quest’anno un recupero di 3500 ettari. A salvare la situazione è l’etichettatura completa e i dazi dell’Ue sul riso asiatico che stanno salvando la coltura italiana del riso.
L’Italia è il primo produttore di riso in Europa con 1,40 milioni di tonnellate su un territorio coltivato da circa 4mila aziende su 219.300 ettari, che copre circa il 50% dell’intera produzione Ue con una gamma varietale del tutto unica. Il 2019 sarà un anno positivo per quanto riguarda il riso italiano.
Secondo un sondaggio dell’Ente risi si prevede un recupero di 3500 ettari circa di superfici seminate a riso sul territorio italiano, dopo che, per tre anni, si era verificato un abbandono consistente della coltura. Le motivazioni sono da ricercare in due importanti avvenimenti: il primo, l’entrata in vigore dell’obbligo di inserire nell’etichettatura la provenienza, datata febbraio 2018; l’altra spinta è arrivata dai dazi imposti dall’Unione Europea sulle importazioni asiatiche low cost.
L’Istat ha stimato che nel 2018 le importazioni dall’estero siano diminuite del 24%. Questo dato dimostra che i consumatori cercano la trasparenza delle informazioni e il prodotto veramente made in Italy.
I dati dopo un anno di etichettatura corretta. A febbraio erano arrivati segnali positivi dalla Borsa merci; i numeri parlavano da soli, infatti erano aumentate del 75% le quotazioni dei raccolti “Made in Italy” di questo coltura.
I risultati sono stati confrontati con quelli del febbraio 2018, prima dell’entrata in vigore di questo obbligo. Le quotazioni erano aumentate per la varietà Arborio che aveva raggiunto i 520 euro a tonnellata (oggi a 475,00 €/t). Variazioni positive anche per tutti gli altri risi Made in Italy (i dati sono nella tabella sottostante). Coldiretti ha fortemente sostenuto la nuova normativa sull’obbligo di indicare la provenienza in etichetta quando ci si trovava in una situazione di grave rischio per la sopravvivenza della coltura in Italia e dopo che questi erano scesi a valori insostenibili per i produttori.
La valorizzazione del prodotto nazionale è stata resa possibile anche dai dazi , più volte richiesti da Coldiretti, imposti nei confronti delle importazioni di riso proveniente dalla Cambogia e dalla Birmania (ex Myamar) per i prossimi tre anni. Si parte da 175 euro a tonnellata nel 2019, a 150 euro a tonnellata nel 2020 fino a 125 euro a tonnellata nel 2021, con una possibile proroga di applicazione del dazio ove sia giustificata da particolari circostanze.
Questi due Paesi hanno esportato nell’Unione Europea ben 328 milioni di chili di riso nel 2017/18, con un aumento del 256% negli ultimi sette anni. I dazi impediscono, quindi, una concorrenza sleale e dissuadono i consumatori all’acquisto di riso proveniente da condizioni produttive prive di protezione dei diritti dei lavoratori.
Ora, a decisione presa, il parere di Gianpaolo Cenacchi è più disteso ma ancora preoccupante. “Per i produttori è fondamentale che la Commissione Europea non attenda anni per applicare la clausola di salvaguardia – dice Cenacchi – per tutelare il nostro riso del Delta del Po Igp, vera eccellenza territoriale”.
Ma lo stesso Cenacchi non tralascia di ricordare come, in questi ultimi anni, si sia perso molto sul mercato. “Veniamo da anni pesantissimi: l’invasione di riso orientale in Italia ha creato una crisi senza precedenti, con aziende non in grado di rimanere competitive sul mercato, a fronte di regole rigide, quasi inesistenti nei paesi esportatori del sud-est asiatico: tipo di parassitari utilizzati e diritti dei lavoratori”.
Ora le regole sono state fissate, si spera in un’applicazione immediata.
(l.c.)
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