Berra – Domenica 3 dicembre, l’Associazione Cultura e Spettacolo Berrese ha ricordato in sala civica a Berra “Edpas, lo strillone”, al secolo Edgardo Pasquali, nel ventennale della morte (26.5.1931 nascita; 27.10.2003 morte).
Titolare, per lunghi anni, della storica edicola situata in piazza a Berra, “sot al campanìl”, è stato poeta dialettale che ha pubblicato raccolte, otto per la precisione, in cui sono presenti poesie e brevi prose che spaziano dai personaggi e luoghi berresi a luoghi, temi e personaggi di portata più ampia, come la droga, il terrorismo e tanto altro.
Presenti al tavolo dei relatori il dottor Diego Cavallina, sindaco di Berra negli ultimi anni di attività di Edpas prima del suo trasferimento ad Occhiobello, il dottor Felice Maran, autore, insieme al collega Gianni Tuffanelli, di una interessante prefazione alla seconda pubblicazione di Edpas (Lo Strillone, 1979) e Loredana, una delle due figlie dell’autore, custode delle sue memorie, che ha portato alcuni ricordi del padre e risposto a curiosità del pubblico.
Dopo i saluti iniziali del presidente Acs Mauro Tumiati, Cristiana Serafini ha commentato una serie di poesie scelte dell’autore, lette con eleganza e partecipazione emotiva da Arianna Occhiali.
Poesie che mostrano come l’attenta analisi dei fatti del mondo, che arrivavano ad Edpas attraverso i quotidiani, e dei tipi umani che sfilavano nella piazza, che lui poteva ben osservare dalla postazione privilegiata che era la sua edicola, lo hanno portato a “butar su la carta di scaraboch”, come lui, umilmente, li definiva, che oltre a rivelare la sua profonda sensibilità, evidenziano un pessimismo di fondo che fuoriesce dall’autore sotto forma di una sconfortante tristezza, di una inconsolabile amarezza relativamente all’essere umano: l’uomo non sa godere delle fortune che ha, non sa apprezzare le felicità che possiede; l’uomo, colpevolmente, non capisce che per vivere bene non serve la bacchetta magica, serve solamente saper cogliere il bello e il buono attorno a noi, serve solo aprire bene gli occhi. Ma anche il suo “buio” aveva squarci di luce; quando scrive degli affetti familiari i suoi toni cambiano, quando parla delle “putine mie” i suoi termini si alleggeriscono, ma è quando parla dei nipoti che il mondo torna ad essere bello, i nipoti gli ricordano “un zzièl pìn da stele” ed è con queste belle immagini che si è chiuso l’incontro in cui abbiamo ricordato questo nostro “patrimonio” locale.
Per questo bel ricordo la figlia Delia (impossibilitata ad essere presente per motivi di salute) mi ha espresso tutta la sua gratitudine “sono questi ricordi che tengono viva la memoria delle persone, io posso ricordare il mio papà nella mia memoria, nell’intimità dei miei pensieri, ma sono orgogliosa del ricordo pubblico che gli avete dedicato. Grazie a tutti”.
(cri.se.)
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