venerdì, Marzo 14, 2025
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SERRAVALLE – LA DEMOLIZIONE DEL PONTE PIETROPOLI E LE VICENDE STORICHE SUE CONTEMPORANEE – Seconda Parte – Di Giovanni Raminelli

(SERRAVALLE – IL PONTE PIETROPOLI STA PER ESSERE DEMOLITO – LA SUA STORIA SI INTEGRA CON QUELLA PIU’ VASTA DEL TERRITORIO E SI INTRECCIA CON LE VICENDE LOCALI – UN’INTERVISTA AL PROF. GIOVANNI RAMINELLI EMINENTE STORICO)

“Al Pónt dal sgnór Chéco”.
Più ricordato fra i Pietropoli fu certamente il figlio di Angelo, Francesco, il cosiddetto Sgnór Chéco. Fu un latifondista che, insieme al figlio Comingio, gestiva il fondo Mussàra e le possessioni Contarina, Sabbioni vecchi, Dossi, Canova, Loghetto, Orto, Golena. La Contarina (che possiamo identificare con l’attuale zona Palazzone) appartenne in origine ai nobili veneziani Contarini – da qui ovviamente il nome – che la cedettero ai Giglioli. La proprietà dei Contarini arrivava sino all’argine del Po. Lo Stato della Chiesa, nei primi decenni del 1600, decise di realizzare un cavo di collegamento tra il corso del Po Grande e quello del Po Piccolo per agevolare il transito da e per l’Adriatico delle navi del Papa, che rischiavano di incagliarsi nelle secche della Punta di Santa Maria. Quel cavo, chiamato “Cavo Contarino”, richiese tanto lavoro e non fu mai completato a causa dei danni provocati da una piena del fiume. Furono abbandonati gli scavi i resti dei quali altro non sono che le attuali “buche” golenali poi sfruttate dalle fornaci che vi si insediarono e fra queste proprio quella dei Pietropoli. A titolo di conferma dell’impegno della famiglia Pietropoli nel campo della produzione di laterizi diremo che anche Giuseppe, cugino di Francesco, gestiva a fine Ottocento una grande fornace nell’isola di Ariano Polesine, che dava lavoro ad una cinquantina di operai.

Ma ritornando alla proprietà della tenuta “Contarino”, possiamo dire che già sul finire del 1700 fu acquisita dai Benazzi e successivamente dai Pietropoli e dai Mongini. Francesco Pietropoli (alias Sgnór Chéco) fu personaggio di riferimento anche nell’agone politico. Egli venne annoverato fra i 27 consiglieri quando il 22 aprile 1840 si insediò il nuovo consesso comunitario copparese. Dopo di lui, il 25 settembre 1859 in occasione delle elezioni amministrative ormai in prossimità dell’annessione al Regno costituzionale del Piemonte, il figlio Luigi venne eletto quale consigliere di Serravalle insieme al conte Luigi Giglioli e ad Angelo Biolcati.

L’attuale via Pivanti, ai tempi del Sgnór Chéco, altro non era che uno stradone di campagna costeggiante il Fondo Mussàra costituito dalla grande casa colonica e dal fienile con gli annessi fabbricati di servizio siti proprio sul confine sud della proprietà confinante con la riva sinistra del Canal Bianco. La strada non serviva solamente per entrare nella proprietà Pietropoli ma veniva utilizzata anche dai Biolcati per accedere alle vaste proprietà che detenevano nella zona valliva attraverso il ponte che Pietropoli e Biolcati costruirono dapprima in legno e poi in muratura. Progressivamente lo stradone venne sempre più utilizzato anche da coloro che da Ariano intendevano raggiungere il centro di Serravalle, evitando di utilizzare più a valle il ponte dei Giglioli e quello della Crepalda.

Ma cosa possiamo dire dei ponti che nei secoli hanno attraversato il Canal Bianco? In una mappa del 1750 conservata nell’Archivio di Casa Giglioli riproducente i corsi d’acqua e le strade della cosiddetta “Presa di Serravalle” sono ben segnati il ponte della Crepalda e quello dei Giglioli.

In alcuni documenti dell’archivio Giglioli è comitale è possibile addirittura risalire ad un atto del 23 luglio 1696 che contiene un testo del perito Giovanni Bonetti ove si dichiara che la costruzione e manutenzione del ponte Giglioli sul Canal Bianco avrebbe dovuto essere per 2/3 a spese dei conti Almerico e Riccardo Giglioli e per 1/3 a carico di Giovan Battista e Domenico Zemelli (che detenevano beni in destra del canale). Detto ponte mutò spesso nome nel corso degli anni: ponte di Serravalle, ponte Giglioli, ponte Palazzo, ponte di Legno. Già, proprio “ponte di Legno” è quello che ancora oggi identifica la zona “al pónt ad légn”. Quel manufatto era ovviamente in legno e molti documenti e disegni nell’archivio Giglioli lo presentano come bisognoso di continue attenzioni ed interventi. Sappiamo che il 1828 fu l’anno in cui i conti Giglioli restaurarono i due ponti lignei della Crepalda e della zona Giglioli. Ma nel 1840 si parla della necessità di ricostruire il ponte Crepalda, cosa questa che avverrà (con il concorso sia dei Giglioli che dei possidenti interessati) in soli tre mesi, dal settembre al novembre 1843, col placet della Congregazione Consorziale e il progetto dell’ingegner Paolo Calzoni. Nel 1867 e nel 1876 si trovano atti di conteggi e rapporti tra i Giglioli e la Congregazione Consorziale per lavori di adattamento e poi di ricostruzione del nuovo ponte (spalle in laterizio ma con palco di legno). E proprio nel 1876, sempre nelle carte Giglioli, si trova l’accenno alla ricostruzione del ponte in località Albersano (che probabilmente aveva risentito dell’inondazione provocata dalla rotta del Po nel 1872 alla Guarda). Una lunga causa amministrativa dal 1887 al 1895 coinvolgerà i nobili fratelli Roberto, Ermanno e Luisa Giglioli contro il Comune di Copparo, rappresentato dal sindaco cavalier Francesco Vitali, per i due ponti (Crepalda e Ponte di Legno o Giglioli) per la loro manutenzione e per l’utilizzo non solo agricolo ma anche per le necessità di spostamento dell’intera popolazione, cosa questa che, per il notevole traffico da e per la zona di valle e da e per Ariano, portava non poca usura agli impalcati di legno.

(Fine seconda parte – Continua)

(GR)

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