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SERRAVALLE – LA MANCANZA DI MASCHERINE CAUSATA DAL CORONA VIRUS HA SPINTO “SERRAVALLE” AD ORGANIZZARSI PER PRODURLE IN PROPRIO – E’ STATO UN SUCCESSO…

Serravalle – Il tam-tam ha funzionato e la macchina si è messa in moto. Sono bastate poche parole per muovere tutti i cittadini: la richiesta era chiara: “C’è bisogno di mascherine, dobbiamo confezionarle noi perché in commercio non si trovano più”.

Poche ma semplici e significative parole lanciate da Cinzia Trapella, responsabile area sociale della casa di riposo “Attilio Capatti”.

“Sono venuti in molti alla casa di riposo a chiederci la mascherina – spiega Cinzia – vista l’impossibilità di trovarle sul mercato ho pensato di coinvolgere un gruppo di sarte volontarie del paese per poter realizzare delle mascherine di stoffa quale elemento di prima protezione, naturalmente dopo essermi consultata con dei sanitari ed ascoltando le loro indicazioni.

La risposta del paese è stata unanime; ho ricevuto molte telefonate di adesione, come pure in molti ci hanno donato la stoffa, con le caratteristiche dettate dai sanitari: di colore bianco e lavabili a 90 gradi per poterle lavare e riutilizzare”.

La macchina si è messa in funzione domenica mattina e le prime mascherine sono già in uso. “Abbiamo già iniziato a distribuire le prime che abbiamo confezionato – spiega ancora Cinzia – e andremo avanti fino a quando avremo materiale”.

Ma l’iniziativa, apparsa sui social, è stata virale. “Mi hanno chiamato anche dagli altri paesi del comune – prosegue Cinzia – A Berra e Cologna, dopo aver trovato dei punti d’appoggio, hanno già iniziato a confezionare, mentre in mattinata, attraverso i volontari della protezione civile, ho inviato il materiale a Ro per poter fare le mascherine”.

Si tratta di dispositivi di prima protezione non omologati ma che comunque rappresentano una valida salvaguardia.

“I sanitari con i quali mi sono confrontata prima di partire – spiega Cinzia – mi hanno detto chiaramente quali sono i limiti delle maschere in stoffa ma al tempo stesso si è convenuto che piuttosto di niente sono meglio queste”.

L’iniziativa ha anche sconfinato. “Mi hanno chiamato dal vicino Veneto – conclude Cinzia – chiedendomi se ne avevamo da vendere. Noi non vendiamo ma regaliamo ed aiutiamo, nei limiti del possibile, tutti quelli che chiederanno aiuto”.

La locale farmacia del dottor Contato, che da tempo è rimasta senza mascherine di protezione, detta comunque alqune buone regole.

“Se si fa in casa una mascherina, bisogna ricordare queste condizioni: quella in stoffa va realizzata con un tessuto che è possibile lavare a 90 gradi; quella in carta forno gettata una volta usata non protegge dalla trasmissione del virus; può essere utile per non toccarsi la bocca, può essere utile per non disperdere la stragrande maggioranza delle goccioline più macroscopiche.

Stiamo provando in tutti i modi di avere un rifornimento di mascherine che rispettino la normativa ma la cosa risulta molto problematica”.

(ci.ci.)

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